La Villa romana cosiddetta di Pollio Felice
Ancora oggi sono notevoli i resti archeologici che si intravedono in tre diversi punti della costa adiacente alla Marina di Puolo, e si riscontrano in essi, con certezza, gli avanzi di tre ville romane databili al I-II secolo d.C.
Seguendo la costa da Massa Lubrense verso Sorrento, il primo di questi tre gruppi di ruderi lo riscontriamo sulla Punta del Capo di Massa, immediatamente prima dell’abitato di Puolo; il secondo sul piccolo promontorio della Calcarella, subito dopo la suddetta Marina; il terzo sulla Punta del Capo di Sorrento.
Per quanto concerne la villa sita sulla Calcarella, benché ne siano rimasti pochi resti, essa doveva coincidere con la villa appartenuta a Pollio Felice, illustre esponente di una nobile famiglia di Pozzuoli. L’articolazione di tale complesso si ricava anche dalle descrizioni che di esso fa il poeta Publio Papinio Stazio. Egli celebra l’incantevole dimora di Pollio con due carmi delle sue Silvae: Villa Surrentina Polli Felicis (in cui descrive la villa ed i suoi superbi edifici) ed Hercules Surrentinus Polli Felicis (in cui tratta del nuovo tempio che Pollio eresse ad Ercole nella medesima dimora).
Probabilmente l’edificio si articolava su due piani, in cui si collocavano due file di stanze separate da un corridoio: un gruppo era orientato verso terra, l’altro guardava al mare. Quest’ultimo raggruppamento era costituito da cinque stanze, di cui tre sporgenti sulle altre. Sempre dalle testimonianze di Stazio si ricava che la palazzina doveva avere una pianta di 20 metri per 10 metri e che la stanza del padrone era decorata da un mosaico parietale in marmi policromi.
Della terza villa, ovvero quella sita sul promontorio del Capo di Sorrento, ci restano i ruderi sugli scogli davanti al cosiddetto “Bagno della Regina Giovanna”. Altre rovine dimostrano però che essa si estendeva anche per il declivio orientale del Capo di Sorrento. Quel poco che resta degli stucchi rende auspicabile una datazione all’epoca del Regno di Claudio (41 – 54 d.C.).
L’unico elemento panoramico, la torretta in fondo ad un muro di sostegno lungo 70 mt., che probabilmente reggeva un portico di uguale lunghezza, lo troviamo già nella villa dei Pisoni ad Ercolano, e deriva, con molta probabilità, dall’architettura militare. I ruderi dell’intero complesso sono sparsi su di un’area di circa 30.000 mq.
La villa si divideva in domus e villa a mare, con i relativi annessi. L’importanza della domus, la quale occupa la sommità del promontorio, è testimoniata da resti di mura di sostegno e tre gruppi di cisternoni nel declivio. La villa a mare, invece, si colloca sulla punta estrema del promontorio, quasi come sopra un’isola, separato com’è dalla terra da un bacino naturale, il cosiddetto “Bagno della Regina Giovanna”.
Un complesso di passaggi, anditi, scale e terrazze costituisce il collegamento tra la domus e la villa a mare, passando sopra le due strette lingue di terra che uniscono, girando attorno al bacino, la Punta del Capo alla terra retrostante. La domus è quasi interamente distrutta, mentre della villa a mare restano ancora dei ruderi sufficienti per poterla idealmente ricostruire.
Il giardino si sviluppava, dalla casa a mare, con una serie di rampe e terrazze panoramiche sulle pendici settentrionali del promontorio, ed era chiuso a valle da una bellissima esedra. Più verso il mare troviamo anche una cisterna a cinque concamerazioni intercomunicanti, la cui pianta ha la forma di un pentagono irregolare. Le pareti sono in opus reticulatum, mentre gli archi delle porte sono in mattoni. In età moderna un enorme muro ha terrazzato la zona soprastante la cisterna. La casa a mare occupa l’estremità del promontorio ed è costituita da un unico impianto formato dalla costruzione centrale alla quale si appoggiano corpi secondari con terrazze, passaggi ed approdi.
La villa era raggiungibile sia da terra che da mare. L’attuale discesa dalla strada provinciale di Massa ricalca, almeno in parte, l’antica via.
Dalla parte del Golfo di Sorrento, invece, il complesso era fruibile da due punti: uno dal mare aperto ed uno dall’interno del bacino. Per accedervi si attraversava la stretta apertura naturale della roccia che divide il bacino dal mare aperto, passando sotto l’arco e giungendo così al piccolo molo. Al di sopra dell’apertura naturale fu costruito un ponte di collegamento tra la domus e la villa a mare. Su di esso sorgeva anche un meraviglioso terrazzo ed un passaggio coperto di collegamento alla casa a mare. I lati sud ed ovest di quest’ultimo ambiente sono quasi completamente distrutti. Nel lato est sono visibili sei vani con volta a botte aventi funzione di terrazzamento. Originariamente essi dovevano essere coperti di stucco di cui ancora oggi vi sono tracce. Altri quattro vani con apertura all’esterno sostenevano altri due terrazzi che giravano verso il lato nord della casa. Su questo lato vi sono quattro stanze con volte decorate e pavimentazione a mosaico.
Di particolare interesse risultano essere cinque concamerazioni costituenti un pozzo nero con il relativo sistema fognario digradante verso ovest. Ancora oggi è evidente con chiarezza come la struttura dell’opera fosse articolata in modo da consentire una facile ispezione del condotto fecale e di evitare che i liquami, raccolti nel pozzo nero a scopo di concimazione agricola, potessero inquinare le acque marine.
Continuando verso ovest si incontrano altri sei grossi vani, usati come magazzini, che sostenevano altrettanti ambienti lussuosi soprastanti. Diverse rampe e scale consentivano l’accesso da questa parte agli ambienti signorili del piano superiore. Di questi ultimi, soltanto a seguito dell’ultimo intervento di ripristino, si può leggere con buona approssimazione l’impianto. Infine, vanno notate altre due cisterne ubicate a mezza collina della capacità di due milioni di litri ciascuna. Una di queste, ben conservata, è usata attualmente per l’irrigazione agricola.
Il sistema architettonico dell’intero complesso sembra sfruttare al massimo la bellezza del paesaggio con alcuni espedienti strutturali, muri divergenti, ampie finestre, che pretendono la massima fruibilità del panorama. Tutto, struttura e decorazione, era funzionale alla luxuria ed all’otium. Persino le zone d’ombra, costituite da giardini pensili e pergolati che adombravano i percorsi assolati, riflettevano il desiderio di vivere bene come massima espressione del lusso.